L’ipersensibilità dentinale è una condizione dolorosa molto comune nella popolazione. La causa è multifattoriale; ciononostante, essa è riconducibile molto frequentemente all’esposizione nel cavo orale di parti del dente, nella normalità protette da smalto e gengiva. Con l’esposizione della dentina la possibilità di avere una stimolazione dei recettori della polpa è molto probabile, con conseguente evocazione di una sintomatologia dolorosa più o meno accentuata.
Negli anni recenti la prevalenza delle patologie erosive a carico degli elementi dentali è in costante aumento, sia per l’allungamento della vita media, sia per la possibilità di ritenere all’interno del cavo orale elementi dentali con polpa vitale. Se a ciò si aggiungono le manifestazioni legate all’erosione dentale legate al digrignamento e alle lesioni dei tessuti duri connesse con l’ingestione di cibi ad alto contenuto acido si può ben comprendere come il fenomeno dell’ipersensibilità dentinale possa essere oggi considerato uno dei problemi che maggiormente affligge i pazienti.
Limitare l’ipersensibilità dentinale a fenomeno doloroso legato all’assunzione di cibi freddi pare assai riduttivo, essendo questa sintomatologia frequentemente collegabile con l’ingestione di cibi ad alto contenuto acido.
Il consumo dello smalto, sia esso occlusale o cervicale, esponendo la dentina, mette il sistema pulpo-dentinale in diretto contatto con gli stimoli chimici o termici presenti nel cavo orale. In definitiva quindi l’ipersensibilità dentinale non è che una manifestazione dolorosa determinata da una variazione anatomica dell’elemento dentale che mette la dentina in contatto con l’ambiente orale.
Cosa avviene all’interno del dente per cui noi sentiamo dolore agli stimoli termici o chimici?
E’ opportuno considerare che l’ipersensibilità dentinale non è altro che una sorta di campanello di allarme che il sistema pulpo-dentinale mette in atto quando variazioni anatomiche del dente, corona-radice, espongono il contorno radicolare.
Gli stimoli, siano essi fisici o chimici, agirebbero nei confronti del fluido dentinale contenuto all’interno dei tubuli e questo, con rapidi movimenti da e verso la polpa, stimolerebbe, sia per via diretta che per via indiretta, le fibre sensoriali.
Come viene fatta diagnosi di ipersensibilità dentinale?
Il percorso diagnostico è alla base di ogni atto medico e la diagnostica delle patologie pulpari è fondamentale in tutti i casi in cui il paziente venga alla nostra osservazione per problematiche ad essa legate. Una attenta osservazione dello stato della dentizione del paziente è fondamentale; la presenza di recessioni gengivali più o meno ampie, associate o meno a erosioni del colletto non cariose, è spesso il segno clinico inconfondibile di ipersensibilità dentinale.
La diagnosi differenziale
Un primo elemento da tenere in grande considerazione è la collocazione di queste variazioni anatomiche; se esse sono a carico di un elemento dentale indenne da processi cariosi, l’orientamento verso il fenomeno dell’ipersensibilità dentinale sarà automatico.
Siamo certi di essere di fronte a ipersensibilità dentinale quando durante il percorso diagnostico riscontriamo questi parametri:
- Anamnesi: fugace dolore provocato da stimoli termici freddi dolore solo provocato e mai irradiato
- Esame obiettivo: assenza di lesione cariosa o lieve erosione occlusale o del terzo cervicale esposizione del contorno radicolare
- Dolore agli esami strumentali: fugace e acuto agli stimoli termici non irradiato cessa immediatamente dopo la stimolazione
Schemi terapeutici
Non esiste un trattamento univoco dell’ipersensibilità dentinale e, purtroppo, il mercato ha proposto una serie di prodotti talmente grande che l’orientamento intorno ad essi appare quanto mai complesso. Sarà importante verificare quali siano le abitudini alimentari del soggetto e le usanze in termini di igiene orale; è noto che la frequente ingestione di cibi acidi possa in varia misura alterare la superficie dello smalto. Sarebbe quindi buona norma consigliare al paziente di recedere da queste abitudini dannose per lo smalto dei suoi denti. Non sono infrequenti le lesioni da spazzolamento, magari anche associate ai quadri precedenti, oppure aggravate dall’uso di dentifrici con coefficienti di abrasività molto elevati, spesso proposti come agenti sbiancanti. L’inserimento di apparecchi, quali bite notturni, per la protezione dei denti dall’usura legata al digrignamento inconscio deve essere preso in seria considerazione durante la fase terapeutica.
I prodotti desensibilizzanti
Se si accettano le ipotesi patogenetiche più accreditate, esistono solo due modalità per affrontare l’ipersensibilità dentinale:
- occludere i tubuli dentinali per impedire i movimenti di fluido determinati dalle varie stimolazioni;
- modulare la trasmissione neuronale dello stimolo.
Delle due la prima è quella maggiormente percorribile e, dovendosi orientare solo sul blocco dei tubuli dentinali, forse anche la più semplice. Tra i prodotti desensibilizzanti ne esistono di varie forme e qualità; in generale essi sono composti, da applicare in studio o a domicilio, che mirano a occludere con micro-particelle i tubuli dentinali esposti. L’occlusione dei tubuli può anche non essere totalmente ermetica e sortire il risultato sperato, ovvero la diminuzione o la scomparsa della sintomatologia. I composti possono essere veicolati con vernici a base resinosa, oppure essere applicati con lo scopo di far precipitare i principi attivi all’interno del lume tubulare che, come tali, occuperebbero lo spazio stesso e impedirebbero il movimento di fluido dentinale responsabile della elicitazione delle terminazioni nervose.
Di seguito descriviamo alcuni di essi e le loro principali caratteristiche.
- Cloruro di Stronzio: le vernici topiche a base di Cloruro di Stronzio si sono dimostrate molto efficaci poiché esse ottemperano perfettamente al requisito richiesto, ovvero occludono attraverso la precipitazione di particelle il lume tubulare.
- Nitrato di Potassio: è alla base di molti dei dentifrici definiti desensibilizzanti e sembra che, data la felicissima diffusione del Potassio nei tessuti duri dentali, esso possa avere un ruolo non secondario nell’inibizione della trasmissione della conduzione nervosa piuttosto che nell’occlusione dei tubuli dentinali.
Analizzando le composizioni dei dentifrici, in molti di essi l’aggiunta di fluoro potrebbe giocare un doppio ruolo, ovvero quello di agire come blando agente antibatterico e quello di esercitare un’azione re-mineralizzante della superficie dentale esposta. E’ evidente che queste applicazioni topiche necessitino di un tempo di applicazione esteso, almeno due settimane. La formazione di cristalli di fluoridrossiapatite potrebbe essere alla base dell’occlusione dei tubuli dentinali, evento fondamentale per ridurre il movimento di fluido dentinale. Può avere diversi tipi di formulazione e di applicazione, sia come vernici, sia come sciacqui. Da più parti è stato segnalato che i composti fluorati, associati a sciacqui con Clorexidina a concentrazioni oscillanti tra lo 0,12 e lo 0,2 % si sono dimostrati efficaci nel ridurre il fenomeno doloroso; questo potrebbe essere dovuto anche a una specifica azione nei confronti della placca batterica, sin qui poco considerata come elemento favorente l’aumento della sensibilità dentinale.
Gli ossalati di potassio e di alluminio sono stati indicati come prodotti per l’applicazione professionale nei fenomeni di ipersensibilità dentinale.
Fosfato di Sodio e Cloruro di Calcio, questi composti si sono dimostrati efficaci nel ridurre la sintomatologia in molti casi poiché l’associazione dei due composti produrrebbe un composto che precipita all’interno dei tubuli, occludendoli.
Il Cloruro di Potassio, impiegato nelle gomme da masticare, ha fornito risultati interessanti, essendo questo un metodo non invasivo, soprattutto perché applicabile per periodi lunghi.
Sistemi adesivi smalto-dentinali
Essendo il principio degli adesivi smalto-dentinale quello di occludere i tubuli dentinali, essi sono stati considerati elementi ideali per ottemperare a questo compito. Molti studi hanno dimostrato la loro efficacia nell’immediato ma, molti di essi, non possono mantenerla nel tempo perché troppo facilmente usurabili.
Gli interventi terapeutici
Considerando l’ipersensibilità dentinale come l’espressione di una alterazione dell’anatomia della struttura dentale e/o dei tessuti di supporto, tutte le operazioni cliniche volte a ricostruire il tessuto andato perduto possono essere elementi che concorrono alla diminuzione o alla eliminazione dell’ipersensibilità dentinale. In questo ambito si inquadrano le otturazioni al colletto del dente per le erosioni del terzo cervicale dei denti vitali, il riposizionamento della gengiva nelle recessioni e, in ultima analisi, le ricostruzioni dei tavolati occlusali con materiali compositi per le erosioni da bruxismo o da fenomeni associati.